Durk rimarrà in carcere, ma almeno le sue canzoni non potranno essere usate come prove
Giovedì 8 maggio, durante un’udienza cruciale, un tribunale ha negato a Lil Durk la libertà su cauzione. Secondo quanto riportato da Nancy Dillon di Rolling Stone, l’artista ha accolto con un sorriso la decisione del giudice, rivolto a una ventina di supporter presenti in aula. Un’immagine che ha fatto il giro dei social, simbolo di una calma apparente o forse di una strategia difensiva già ben definita.
La difesa ha chiesto l’annullamento del caso o, in alternativa, il rilascio su cauzione, criticando duramente l’uso delle sue canzoni e di contenuti pubblicati su fan page come prove d’accusa. Anche se il tribunale ha respinto la richiesta, una parziale vittoria è arrivata: le liriche di Durk sono state ufficialmente rimosse dal fascicolo della procura, che ora dovrà basarsi su altri elementi per sostenere la propria tesi.
Le accuse di omicidio su commissione rappresentano un duro colpo per la figura pubblica del rapper, spesso presentato come “la voce di Chicago”, portavoce di una generazione segnata dalla violenza urbana ma anche capace di raccontarsi con crudezza e profondità emotiva.
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Il caso di Lil Durk riapre un vecchio dibattito mai sopito: è giusto usare i testi delle canzoni come prove nei processi penali? Da anni la comunità hiphop denuncia la tendenza della giustizia americana a criminalizzare il rap, scambiando le liriche per confessioni. La scelta della procura di rimuovere le canzoni di Durk dal caso segna un punto importante in questa battaglia culturale, ma resta da vedere se sarà un’eccezione o l’inizio di un cambio di rotta.
Il processo per omicidio su commissione inizierà il 14 ottobre. Da qui a quella data, la difesa potrebbe tentare nuove mosse, magari un ulteriore tentativo di ottenere la libertà provvisoria.