Instagram e Tiktok sono esplosi davanti alla diffusione di un audio privato dell'attore Raoul Bova, che in pochissimo tempo è diventato un vero e proprio trend. Chi lo usa come sottofondo per video ironici e scherzosi, chi per mostrare la propria indignazione di fronte all'accaduto, persino qualche Don sul web diffonde video alimentando la grande ruota della diffusione mediatica. Chi osa commentare sottolineando come la diffusione di audio privati sia reato e pertanto punibile si vede schiaffato in faccia le fatidiche parole "se l'audio è pubblico non c'è proprio nessun reato, è un video ironico!" Non staremo a parlare del contenuto dell'audio, di lui, di lei, della moglie... ma di cosa sta succedendo sul web, della mancanza d'etica, o meglio dire, della totale assenza di nozioni giuridiche di base che dilagano sui nuovi social.
Online non vuol dire pubblico
Il fulcro del discorso sta tutto qua: quando qualcosa è pubblico, e quando invece non lo è? Trattandosi di una vicenda che si è svolta su quel campo da gioco ancora di difficile regolamentazione che è il mondo social la faccenda potrebbe sembrare poco chiara ad alcuni, ecco un esempio per capirla meglio: siete all'interno della vostra casa quando qualcuno fa irruzione nel giardino per affacciarsi alla finestra del salotto e osservare cosa facciamo durante la giornata, una chiara violazione di domicilio oltre che della privacy. Un passante vedendo già qualcuno affacciato alla finestra scavalca la recinzione e si avvicina anche lui al vetro, e così fanno i prossimi due passanti per la via. Credendo che sia un luogo pubblico, vista l'alta affluenza di persone, tutti i passanti si sentono giustificati a compiere lo stesso atto, "tanto è un luogo pubblico". È facile in questo esempio capire come tutti abbiano commesso gli stessi reati e come quello non sia affatto un luogo aperto pubblico: nonostante possa sembrarlo a primo impatto, infatti, manca quell'elemento sostanziale che lo configura come tale: il consenso (lasciamo perdere la distinzione giuridica tra luogo pubblico e privato che non è certo questa, ma l'esempio si adatta bene alla situazione).
Insomma, il fatto che l'audio sia altamente virale, non vuol dire che sia pubblico; se così fosse sarebbe stato rilasciato dagli stessi interessati previo il loro consenso, in questo caso invece si tratta di una estorsione sfociata in una diffusione mediatica sui social. Il risultato è un mare di denunce da parte dell'attore che colpiranno chi ha illecitamente diffuso l'audio sui social, violando non solo la privacy ma contribuendo a una lesione dell'immagine e della persona, anche in questo caso punibili secondo la legge.
Il diritto dell'informazione è un mondo complesso
L'articolo 21 della nostra Costituzione recita "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e altro mezzo di diffusione". In realtà si tratta di un articolo dalla doppia faccia: oltre alla libertà di manifestazione del pensiero (componente attiva), l'articolo sancisce anche il diritto di essere informato attraverso pluralismo dei mezzi di informazione (componente passiva). È vero, tutti possono esprimere il proprio pensiero, ma la legge stabilisce dei limiti: sono vietate le pubblicazioni, spettacoli e altre manifestazioni del pensiero che ledano altri diritti costituzionalmente protetti, proprio come i diritti della personalità come l'onore, la riservatezza e la reputazione.
Il mondo dei social è ancora di difficile interpretazione a livello giuridico, ma il vero ostacolo è la totale assenza di nozioni giuridiche, oltre al senso civile ed etico degli utenti, che regna sovrana sugli schermi. Il fatto è che se qualcuno dà vita a un trend nella testa degli utenti si è automaticamente protetti dall'idea di non essere il primo a girare quella tipologia di contenuto, ignorando completamente il ruolo fondamentale che un semplice video può avere nel rendere virale e di altissima diffusione il trend stesso. Manca poi il senso di realtà che alla vista degli spettatori slega i personaggi famosi, come Raoul Bova, dallo status di "persona"; come se il solo fatto di essere celebre ci autorizzi a ignorare le leggi che valgono per il resto della popolazione, del tipo "se sei famoso allora devi metter in conto che determinate cose possano accadere", peccato che di fronte al diritto e alle leggi non esistano attori e cantanti, ma solo persone come le altre.
La vera domanda che mi ronza nella testa è "se l'audio fosse stato estorto a un qualsiasi cittadino e poi diffuso sui social, avremmo avuto la stessa reazione? Se ad essere illecitamente diffusa fosse stata una foto intima che per vendetta uno dei due partner alla fine della relazione ha diramato tra i suoi contatti, avremmo avuto la stessa reazione?" Credo al contrario, che ci saremmo battuti contro l'altrocità del fatto a prescindere dal contenuto diffuso, il che rende abbastanza evidente come il senso della realtà e della giustizia sia ormai completamente assente quando ci sente parte della grande macchina dei social.