Cinema e Teatro
Trainspotting, scegli la tua schiavitù
Restare seduti a guardare un mondo di prigionieri, ma dalla propria prigione
Elena Pierri | 2 marzo 2021

“Scegliete la vita”, così inizia il monologo iniziale del film cult del 1996 Trainspotting, diretto da Danny Boyle e tratto dal romanzo omonimo di Irine Welsh. La sequenza d’apertura è improvvisa e frenetica: vediamo il protagonista Mark Renton (Ewan McGregor) intento a scappare dai poliziotti in seguito ad un taccheggio; intanto, sulle note di Lust for Life di Iggy Pop, la sua voce fuori campo recita: "Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia... Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos’altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni…".

La scelta di una schiavitù diversa

Mark rifiuta quindi i valori della società borghese: il lavoro inteso come modo per arricchirsi, la famiglia come espressione di “normalità”, la salute promossa dalle compagnie assicurative, un bel mondo di amici con i quali relazionarsi per esibire il proprio status sociale e nascondere ostilità e competizione sotto gli i sorrisi ipocriti. Lui e alcuni suoi amici hanno rifiutato la schiavitù del consumismo per dedicarsi alla tossicodipendenza, ma che in realtà sempre schiavitù è. I protagonisti restano seduti a guardare il mondo (così come ci suggerisce il titolo del film, che significa proprio “guardare i treni passare”); non si tratta di ragazzi ribelli, ma di personaggi che hanno scelto una schiavitù diversa.

Alla fine del film, Mark decide - per l’ennesima volta, anche se sembra più convinto che mai - di disintossicarsi. Cerca di abbracciare una vita “normale”, stereotipata, con un lavoro, una famiglia, il colesterolo basso e il maxi televisore. Il protagonista esce dalla condizione di prigioniero della droga, ma non è comunque libero: ora è condannato ad una vita all’insegna di tutti i valori che ha sempre disprezzato. Però agli spettatori va bene così, lo accolgono come un lieto fine. Ma il gioco di Trainspotting è proprio questo: in realtà anche loro sono condannati, addestrati a ricercare nella ricchezza e nelle cose materiali il benessere interiore, diventando macchine che non sanno cosa producano, né cosa consumino.

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