Arte
Consigli per gli artisti: Stefano Zanchi
Ha pubblicato la sua prima storia su Topolino a ventidue anni. Oggi ne ha ventotto e l’amore per il suo lavoro è più forte che mai
Daniela Muzzu, 16 anni | 5 novembre 2018

Raccontaci di te e della tua formazione artistica. Come si diventa fumettisti?

La passione per il disegno c’è sempre stata ma solo durante gli ultimi anni del Liceo Scientifico di Imperia ho maturato l’idea di diventare un fumettista. Ho avuto la fortuna di incontrare le persone giuste al momento giusto, che mi hanno fatto appassionare a questo lavoro. Nel 2009 mi sono iscritto alla Scuola Internazionale di Comics di Torino. Durante il primo anno, grazie all’incontro con un fumettista Disney che mi ha seguito per i mesi successivi, ho iniziato a mandare prove alla redazione di Topolino. Nel 2012 ho pubblicato la mia prima storia, Paperino e il tassello numero uno.

 

In che modo gli incontri che hai fatto ti hanno indirizzato verso il mondo del fumetto? Come ti hanno fatto capire che quello era il tuo genere artistico?

Il primo incontro importante è avvenuto durante il mio quarto anno di liceo. Ho varcato la soglia dello studio di Bruno Ramella e quell’istante è stato decisivo e folgorante per la mia vita. Quel giorno, timido ed emozionato di fronte a un gigante del mestiere, in uno studio che sapeva di china e fogli di carta, mi sono innamorato del lavoro di fumettista. Da quel momento iniziai a frequentare il suo studio. Respiravo Arte. Ogni cosa che osservavo e ogni cosa che Bruno mi insegnava era per me affascinante. Mi rapiva. Il fumetto mi stava attirando a sé sempre più. Dopo pochi mesi ero conquistato.

A quel tempo volevo entrare in Bonelli ma Bruno vide tra le mie bozze un disegno di Battista, il maggiordomo di Zio Paperone. Gli piacque molto e poiché i miei studi realistici erano ancora acerbi, mi consigliò di tentare la strada del fumetto Disney. Devo tutto a questo incontro.

Finito il liceo mi sono iscritto alla Scuola Internazionale di Comics di Torino e lì, durante il primo anno, c’è stato il secondo incontro cruciale e determinante. Ho conosciuto Paolo Mottura, disegnatore di Topolino. Quel giorno decisi. Topolino era diventato il mio obiettivo.

Ho passato un anno a fare prove su prove con Paolo, rubandogli i pochi intervalli durante le lezioni a scuola. E dopo mesi e mesi di duro lavoro, la redazione di Topolino mi consegnò una sceneggiatura di prova.

 

Come funziona il tuo lavoro con la Disney? È solo lo sceneggiatore a proporre le storie o il fumettista può decidere quale sviluppare in base al personaggio preferito?

Solitamente il fumettista riceve dalla redazione una sceneggiatura. I primi tempi conoscevo pochi sceneggiatori e il mio rapporto con loro era quasi inesistente anche durante la realizzazione delle storie. Ora, invece, capita di sentirci spesso durante la stesura delle tavole come è avvenuto per la serie sulla storia dell’arte di Topolino sceneggiate da Roberto Gagnor, con il quale è nata anche una bella amicizia. Una volta consegnata la sceneggiatura, io disegno le matite che in seguito inchiostro con pennello e china. Mi fermo a questo punto. I coloristi e la redazione stessa completano l’opera.

 

Quali sono le caratteristiche (o i vantaggi) del fumetto rispetto ad altre forme d’arte?

Il fumetto è spesso sminuito, poco valorizzato e poco capito. A differenza di altre forme d’arte, questo genere ha un potenziale senza limiti. Non occorrono budget esorbitanti per location originali o per creare chissà quale effetto speciale, bastano la matita del disegnatore e la penna dello sceneggiatore. Lo scopo del fumetto non è quello del bel disegno a sé stante, ma è quello di raccontare una bella storia. Noi fumettisti raccontiamo le storie tramite delle immagini in sequenza.

 

Quale consiglio daresti ai giovani che aspirano a diventare fumettisti o a cercare la propria strada nel mondo dell’arte?

Dovete avere passione. Amare il fumetto. Amare i lettori. Questo prima di tutto. Poi costanza, impegno, pazienza, tenacia e a volte sacrifici. Volontà di trasmettere a tutte le generazioni la bellezza di questa forma d’arte in modo da destare in esse lo stupore e l’entusiasmo. La bellezza dell’arte mette nel cuore degli uomini la gioia di vivere. Questo è il senso che do al mio lavoro. È una vocazione. Diventare fumettisti, soprattutto oggi che il mercato è saturo, è molto più che difficile. Tutto ciò che ho detto è la spinta necessaria per non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà e alle porte chiuse in cui ci si può imbattere. Sapere cosa si sta facendo. Sapere per chi si sta facendo. Buttarsi e rischiare con determinazione e impegno. 

 

Hai una musa ispiratrice? Un fumettista in particolare, o un personaggio che amavi molto e che ti ha spinto a disegnare, magari proprio della Disney…

Ho tanti fumettisti che mi ispirano, da Topolino a Bonelli, dagli americani Marvel e DC ai francesi, fino ad arrivare agli autori giapponesi. Leggo un po’ di tutto. La lista dei miei autori di riferimento sarebbe molto ma molto lunga.

 

Parlaci dei tuoi progetti futuri. Pensi di restare nella troupe della Disney?

Mi auguro di restare ancora tanti anni nella troupe di Topolino. Sto dedicando tutto me stesso a questo giornale e il desiderio e l’obiettivo di far divertire ed emozionare tanti lettori sta crescendo ogni giorno di più. Amo Topolino, i suoi personaggi e le sue storie. Non voglio certo andarmene!

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