Scuola
Un giorno a… Scuola di Scienze matematiche, fisiche e naturali
I pittori dei numeri
Pensare che matematica sia sinonimo di rigidità è un pregiudizio: le opportunità offerte a chi studia questa materia sono molteplici. Parola di Gabriele, al primo anno di Matematica a Genova, che consiglia: il miglior metodo è non avere metodo
Gabriele Carlio | 13 febbraio 2014
Se mi chiedessero perché mi sono iscritto a Matematica, direi prima di tutto che mi diverte. Non tanto per il suo aspetto formale e rigoroso, ma perché è continua scoperta. Ci ho pensato a fondo solo negli ultimi tempi, ma il mio amore per la materia ha radici antiche. Oserei dire che ne ho subìto il fascino fin da quando ero in culla. Mi piacevano le simmetrie, per esempio. Disegnavo figure che contenessero elementi simili e replicabili, mi divertivo a “variare sul tema”, scoprivo da solo concetti piuttosto avanzati, come i numeri negativi. Questo mi ha permesso di apprezzare tutto ciò che è forma ed equilibrio, e ha condizionato fortemente il mio successivo sviluppo emotivo. È stata comunque una scelta combattuta: più che di formule, io vivo di logica e ragionamento, quindi sarei stato a mio agio anche a Filosofia. E poi per me c’è una passione ancora più grande: la musica. Che, del resto, è parente stretta della matematica.

Una questione di metodo
Ci sono due miti legati alla matematica: che sia difficile e che sia noiosa o perfino insopportabile. Chi sostiene il primo non ha tutti i torti, di certo la materia non è una passeggiata e richiede molta applicazione. Il resto è merito, o colpa, di chi te la fa scoprire. Uno degli aspetti più notevoli di un corso universitario in Matematica è che i docenti incoraggiano l’uso di un metodo personale. Non esiste un solo modo per studiare, capire e risolvere i problemi, e nessuno viene criticato se non segue il procedimento del professore. A scuola, in molti casi, succede il contrario e credo che l’errore di fondo venga commesso durante l’istruzione primaria: gli insegnanti danno un’immagine asettica e formale della matematica, invece sarebbe utile un parallelo con le lingue. Fin dalla prima infanzia si imparano suoni, fonemi e parole come fosse un gioco, poi la scuola fornisce le basi grammaticali, illustra la letteratura e così via. La matematica, diversamente dalla lingua, è un mondo del tutto nuovo per chi va a scuola per la prima volta, quindi si dovrebbe partire privilegiando l’aspetto ludico, quasi creativo. Bisogna personalizzare la matematica, farla gustare. Chi la reputa una seccatura o uno scoglio insuperabile probabilmente è stato scoraggiato. Ci vogliono, insomma, le persone giuste. Di certo i professori di matematica non hanno un compito facile: devono trasmettere la loro materia come un patrimonio vivo.

Un mondo di opportunità
Mentre mi stavo orientando alla scelta del corso, ho consultato il materiale informativo messo a disposizione dall’ateneo e ovunque si parlava di laureati in Matematica che trovano impiego in molteplici settori. Ho pensato che fosse la tipica autocelebrazione dei matematici, magari con qualche manipolazione statistica di contorno, e non ci ho creduto molto. Mi sono iscritto comunque perché mi attraeva la prospettiva di diventare ricercatore. In realtà, la scelta di dedicarsi allo studio e all’insegnamento è più coraggiosa di quanto si pensi, perché esistono opportunità ben più redditizie. Il matematico ha una mentalità aperta, che può essere applicata a svariati campi: i nostri laureati sono molto ricercati in ambito aziendale, dove l’abilità nel problem solving è determinante. Il matematico non inventa soluzioni universali, ma è continuamente messo alla prova per cercare di venirne a capo, qualunque sia la natura del problema. Ed è questo il suo punto di forza: l’originalità. Alcuni ricercatori illustri hanno dato un contributo fondamentale all’economia: pensiamo a Nash, premio Nobel nel 1994. Oltretutto, pare che i matematici italiani siano molto richiesti all’estero: molti nomi di studiosi tedeschi sono affiancati da italiani, chiamati per costruire teoremi o risolvere problemi millenari. È un buon segno, significa che le nostre università sono di ottimo livello, io stesso ne sto avendo riscontro. Ma non bisogna viaggiare per forza: so di molti che hanno trovato lavoro nella loro stessa regione di residenza.

Matematica è condivisione
Lo ammetto, il primo impatto non è stato un granché in quanto a rendimento. Il carico di studio è davvero notevole sia dal punto di vista teorico, sia da quello applicativo. I professori non danno per scontato che la materia piaccia da subito, anzi invitano solo chi la mastica già discretamente ad apprezzarne gli aspetti formali più complessi. Il rapporto tra studenti e docenti è proficuo e disteso, anche perché il corso conta un numero abbastanza basso di iscritti. Non esistono orari di ricevimento fissi, solo appuntamenti. Gli insegnanti sono ottimi divulgatori, sono soddisfatti del proprio lavoro e incarnano quell’aspetto della scienza che mi affascina più di tutti: l’amore per la condivisione del sapere. Finito il lavoro in cattedra, ognuno va a ricercare, provare, calcolare, scoprire teoremi e applicazioni. Poi tornano in mezzo agli studenti e condividono con loro i risultati delle loro ricerche: credo che l’essenza della matematica sia proprio questa.

Consigli per il viaggio
È bene che si iscriva a Matematica solo chi ha interesse per la matematica, o quantomeno per la logica. Non è scontato come sembra. Non basta essere molto bravi o portati, questo corso bisogna volerlo sul serio: fatto controvoglia, è una vera e propria tortura. Porto un esempio personale: anni fa c’è stato un periodo in cui avevo ottimi risultati in matematica, eppure non mi piacevano la geometria e la trigonometria (che adesso amo), così mi annoiavo. Serve una specie di vocazione, perché il lavoro da fare è tanto e bisogna eseguirlo con solerzia. Se avete deciso di buttarvi, prima di tutto dimenticate tutti gli schematismi imparati a scuola, formule e procedimenti meccanici, concentratevi piuttosto sul contenuto delle lezioni e trovate il modo più spontaneo per imparare. Il metodo migliore, in fondo, è non avere un metodo.

Pitagora tra Caravaggio e Keynes
Forse vi sarà difficile crederlo, ma la matematica ha in sé un aspetto artistico. In che modo? Prima di tutto perché il matematico si realizza in quello che fa, è un riflessivo, può pensare ai suoi teoremi anche mentre è occupato in altre faccende. Vive di matematica come un pittore vive della sua arte. Poi c’è l’aspetto estetico. Una dimostrazione particolarmente elegante, una rielaborazione raffinata di un ragionamento: questa è l’arte del matematico. E se non siete degli appassionati del genere, non mancano risvolti più pratici. Ecco un esempio: il caso dello “zaino”, un teorema semplice, lineare, sviluppato in ambito matematico, che ha risolto molte situazioni intricate. Pensiamo a uno zaino capace di un certo peso, immaginiamo di avere una lista di oggetti da metterci dentro, ciascuno con un suo peso: dobbiamo capire come trasportare il massimo valore senza eccedere il peso sostenibile dallo zaino. Questa metafora elementare ha spiegato come molte attività economiche siano danneggiate da eccessi di produzione, ovvero i pesi che lo zaino non può sopportare. Così alcuni ristoranti si sono risollevati dalla crisi accorciando il menù. Tanto facile quanto geniale, no?
Commenti