Attualità
Quella di Gaza è una guerra mediatica: come e dove informarsi correttamente
Il genocidio a Gaza non si sta consumando solo tra le strade e quello che rimane dei palazzi. È una guerra che occupa come terreno di battaglia anche i social. Come e dove informarsi correttamente per non cadere vittima della propaganda?
Gaia Canestri | 27 agosto 2025

Da quasi due anni a Gaza si consuma una guerra che ha pochi precedenti nella storia della nostra umanità, uno solo nella storia contemporanea. È una guerra, un genocidio, che vede come fine ultimo non solo l'eliminazione totale di un popolo e l'appropriaziome di una terra, ma anche la mistificazione completa della realtà attraverso i media. La strategia dal governo israeliano appare ormai chiara: eliminare ogni traccia di realtà, che si tratti delle parole dei giornalisti o delle foto di chi viveva nella striscia e ha mostrato la realtà sui social fino all'ultimo istante di vita.

Quando la verità diventa il tuo nemico numero uno

Al primo problema, quello dei giornalisti, si è trovata in primo luogo una soluzione antica come la guerra, la censura, poi una ancora più antica: l'eliminazione. Inizialmente la difficoltà più grande sembrava quella di accedere a un'informazione plurale e indipendente vista l'assenza di giornalisti internazionali all'interno di Gaza che potessero raccontare la verità slegata sia dalla propaganda israeliana che da quella di Hamas, poi abbiamo assistito a un veloce e drammatico declino dell'informazione: la censura sistematica di Israele attraverso arresti e distruzione di infrastrutture giornalistiche, poi la soppressione e l'esclusione dei media esteri, infine le uccisioni mirate.

È il caso di Anas Al Sharif, uno degli ultimi e più promettenti giornalisti di Gaza. Il 10 agosto è stato ucciso con un attacco mirato insieme ad altri 4 giornalisti mentre si trovava in una tenda davanti al cancello principale dell’ospedale Al-Shifa a Gaza City. Secondo l'IDF il giornalista di Al Jazeera sarebbe stato ucciso per essere un terrorista di Hamas in incognito. Nessun documento, nessuna fonte ha confermato questa ipotesi, tutto quello che sappiamo è che Anas Al Sharif era nel mirino da molto: ricevette intimidazioni e inviti a cessare la sua attività giornalistica, come denunciato dal giornalista, nel 2023 la sua casa venne bombardata e suo padre ucciso. Quella di Al Sharif è una storia, ma non è l'unica; dal 7 ottobre 2023, la guerra in Gaza ha visto morire oltre 240 giornalisti.

Il secondo problema, ovvero impedire che la popolazione stessa mostrasse la realtà attraverso i media, è stato piu difficile da risolvere. La prima soluzione è stata l'attacco alle reti Internet, così da provocare l'isolamento della popolazione dal resto del mondo. Solo nell'ottobre del 2023 secondo Human Rights Watch il traffico Internet è crollato dell'80%, hanno seguito poi i bombardamenti alle infrastrutture delle linee principali di comunicazione e i ripetuti blackout. Il 12 giugno 2025 l'ONU ha dichiarato il blackout completo di Internet, che ha emarginato l'intera popolazione e paralizzato gli aiuti umanitari. Così quando l'IPC, Integrated Food Security Phase Classification, ha confermato la carestia a Gaza, il governo israeliano ha approfittato dell'impossibilità della replica data dalla mancanza di internet da parte della popolazione palestinese per mandare a Gaza 10 influencer americani assoldati dal governo per mostrare la falsità delle dichiarazioni di ONU, UNICEF, FAO, e OMS: a Gaza, secondo loro, la carestia è una menzogna, così come la mancanza di acqua e il totale stato di povertà ed emergenza; il cibo prolifererebbe invece nelle strade e nelle case, nelle piazze e nei mercati, lo dimostrano i video montati dagli Influencers e che probabilmente avrete già visto decine di volte come pubblicità sponsorizzata prima dei video YouTube e tra le storie di Instagram.

Come informarsi correttamente?

In questa rete fatta di censura, false informazioni e propaganda informarsi non è affatto facile, ma possiamo ancora contare su alcune fonti affidabili.

Le voci di chi resiste e continua a mostrare sui social la realtà della quotidianità a Gaza sono poche ma risuonano più di sempre. Tra gli account che espongono senza filtri l'occupazione di Israele troviamo quello di Motaz Azaiza (Ig: motaz_azaiza), fotoreporter palestinese che nonostante sia stato costretto a lasciare Gaza nel 2023 continua a dare risonanza sul suo account alla voce di chi resiste nella striscia. Tra le giornaliste che ancora si trovano sul suolo palestinese e che diffondono principalmente video e foto scattate con gli stessi cellulari troviamo Bisan Owda (Ig: wizard_bisan1) e Hind Khoudary (Ig:hindkhoudary). Altri account da seguire se volete essere aggiornati direttamente da giornalisti e reporter del posto sono quelli di Samar Abu Elouf (Ig:samarabuelouf), Maram Humaid (Ig:maramhumaid), Mahmud Hams (Ig:mahmudhams) e Ahmad Ibraheem (Ig:ahmad.ibraa).

Se volete informarvi riguardo dati e numeri potete farlo affidandovi a fonti verificate come i report periodici dell'ONU rilasciati dall'OCHA (UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees), WHO ( World Health Organization), FAO e IPC

Per chi predilige i podcast ecco 3 consigli per scoprire il conflitto di Gaza, dalla sua origine ad oggi. Stories è un podcast che nasce nel 2022 dalla voce di Cecilia Sala, giornalista che si occupa prevalentemente di Esteri come inviata e reporter. A parlare è la giornalista che, attraverso le storie di persone famose e non, racconta l'attualità in modo genuino e ci porta in trasferta con lei. In Racconti da Gaza invece la voce narrante è quella del reporter Valerio Nicolisi, che dal 2020 ci descrive il suo "viaggio attraverso le frontiere per entrare a Gaza e sentire il rumore che fanno le macerie", parole che si impregnano di verità e importanza alla luce della situazione attuale. Un podcast per scoprire la vita a Gaza prima e durante il conflitto. Abbiamo infine Terra Promessa, il podcast di Enrico Franceschini, inviato di Repubblica a Gerusalemme, in cui espone la storia di Israele dalla sua nascita ad oggi con un focus sui conflitti e i difficili equilibri con gli stati confinanti.

In questa guerra mediatica informarsi correttamente, senza cadere vittima della propaganda, è fondamentale per non contribuire con passività alla diffusione di informazioni che non rispecchiano la realtà. Scegliere fonti affidabili e indipendenti, anche se può sembrare una scelta piccola e insignificante, è necessario per schierarsi dalla parte della storia che condanna un genocidio di innocenti. 

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